Può succedere che una radio improvvisamente ammutolisca, o per un intoppo della regia automatica, o per un problema riguardante i costosi (e pericolosi da toccare, anche spenti!) valvoloni del trasmettitore che, da buoni termoionici, sono soggetti ad esaurimento, e destinati ad esser prima o poi sostituiti con altri più idonei, semiconduttori. Qualche volta la trasmissione radio si arresta per talora “misteriosi” e a volte “indecifrabili” motivi e non è granchè utile rompersi la testa per cercare di capire, perché non sempre se ne viene fuori. Alcune volte invece la spengono per qualche minuto i tecnici per manutenzioni e/o per piccole riparazioni, più o meno preventivate. Solo una volta è successo a me personalmente, di spegnerla, e per alcuni giorni di seguito: era la vigilia del Natale 2004 ed era proprio giunta l’ora di trasportare l’apparato trasmettitore ad alta frequenza dallo studio di via Vasari al seminario di via Besenghi. Era la prima volta che Radio Nuova Trieste veniva spenta di proposito dopo diciannove anni di attività, ed io ero là ancora un po’ esitante, con la mano sull’interruttore e, accanto a me Natale Guido, (Lino per gli amici), che mi sollecitava imperturbabile “A muovermi!”. Gli ambienti di via Vasari erano ormai completamente svuotati, anche gli altri due tecnici si erano traferiti, le stanze vuote rimbombavano, per terra un po’ dappertutto cartacce e mucchi di detriti frantumati, postumi di un normale trasloco e, in un angolo il “rack”, ed altre apparecchiature che, fino a quando erano accese, continuavano a lampeggiare, a far frusciare i ventilatori, e a far salire e scendere gli indicatori dei livelli VU meter.
Andò a finire che, ad un certo punto, girai decisamente l’interruttore generale e così l’apparato entrò nel buio e in non so quante case la musica si ammutolì preceduta da un mio breve annuncio che informava i radioascoltatori sul come sarebbero andate le cose nei prossimi giorni.
Con attenzione scendemmo perciò i tre piani trasportando gli ultimi componenti elettronici, li riponemmo accuratamente sui sedili dell’ automobile che ci attendeva per la strada. Risalimmo il colle di S.Vito, completammo il trasporto e, con pazienza poi, Lino si diede da fare per ricomporre il trasmettitore e, alla fine, i led tornarono a lampeggiare festosi nei nuovi studi del seminario. Da quel momento, sulla sintonia, dal silenzio assoluto, si passò ad una specie di soffio sibillante continuo (la cosidetta “portante spenta”), che durò per qualche giorno, fino alla fine della messa a punto e quindi alla ripresa vera e propria dei programmi.
Penso che i “patiti” della radio abbiano in realtà un particolare corredo genomico che li fa “trastullare” con queste apparecchiature elettroniche così complicate, che lanciano però, a loro volta, segnali inequivocabili, per chi li sa interpretare; una estroversione psicologicamente complessa, che rientra nel novero delle forme mentali che caratterizzano la variabilità del genere umano.
Comunque, finalmente, Radio Nuova Trieste si trasferì nella nuova sede, e questo fu un altro grande passo in avanti per la nostra radio. (continua)